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domenica 9 novembre 2014

Deportivo Lb - Gigante

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Crossover, Linea77
I Deportivo Lb vanno subito premiati per essersi autodefiniti brutal-pop, magari per la goliardia o giusto per rompere le palle a chi classifica ogni cosa. La band nasce così nel Piacentino nel 2003 e unisce cinque prestanti ragazzotti con la passione per i riff potenti e pestati. 'Gigante' esce nel lontano 2008 e raccoglie il lavoro fatto dalla band in cinque anni di attività, ben tredici brani per un totale di sessanta minuti. L'album è sorprendente, nel senso che unisce sonorità alla RATM, Linea 77 e altre influenze in maniera molto semplice e armoniosa, potenza come piovesse e suoni un po' nostalgici, almeno per chi ha superato i trenta'anni come il sottoscritto. In certi passaggi si sentono anche venature dei vecchi Timoria, tipo quando la band, in "Il Macaco Julian" inizia in maniera ipnotica, sostenuta da gran chitarre che schiacciano ed elargiscono pressione sonora. Il brano è arrangiato con attenzione, anche nella parte ritmica dove la batteria scalpita a dovere e il basso si fa sentire nei punti giusti e sostiene la struttura per tutti i sei minuti abbondanti. Il cantato (in italiano) è un mix di growl e cori che arrichiscono al brano. Forse i cori andavano studiati un po' meglio, solo per il fatto che il livello generale è buono e quindi può sbilanciare. Pregevole il break a tre quarti della canzone, l'assolo lento di chitarra è ricco di riverbero e delay che concede al suono di aprirsi e spaziare, dando respiro a chi è al di là degli altoparlanti. Poi il finale si ingrossa nuovamente, a ricordare di che pasta sono fatti i Deportivo Lb. "Lo Specchio" mostra il lato più psichedelico della band, con un'intro di basso irriconoscibile e riff dal sapore orientale. Pochi minuti per mostrare che la band si destreggia bene anche con pezzi meno cattivi e più riflessivi. "Il Pellegrino Luis" ci illude di essere una ballad, ma l'illusione dura solo un minuto e poi la devastazione dei nostri si abbatte come un gigante iracondo. Riff claustrofobici e ritmica ansiogena che lascia spazio poi ad un break limpido e cristallino, che cresce fino alla conclusione del pezzo. 'Gigante' è un buon album, probabilmente se fosse stato spinto bene e seguito meglio in alcuni fasi di produzione avrebbe dato risultati ben diversi. A questo punto resta da vedere se la band è ancora attiva e se ha intenzione di bissare questo cd, magari stavolta il vento soffierà a loro favore. La generazione che non ce l'aveva è cresciuta, forse in meglio. (Michele Montanari)

Elderblood - Son of the Morning

#FOR FANS OF: Symphonic Black Metal, Dimmu Borgir, Carach Angren
Being a debut, there’s very little reason why this one is as good as it is but therein lies the fact that this Ukrainian act has just positioned themselves at the forefront of the genre with this commanding, impressive release. Being a Symphonic Black Metal act, there’s very little about this that should appear as a surprise to any listener for the band simply opts for an excessive amount of cinematic-style keyboards that appear as if they’re scoring the battle to an epic battle in a Fantasy/Adventure film, which is precisely the case here but then the band throws one of the few genuinely impressive curveballs around with the ability to actually compose material for the guitars to go winding through the lead on here. Filled with tough, muscular rhythms bristling with technical rhythms and blinding speed, there’s a majesty and grace afforded to these rhythms that nicely off-sets the swirling keyboards and makes this music all the more enjoyable. With all this impressive material up-front of the album, there’s little reason why the spectacular drumming holds up or the dynamic bass-lines keep this going but there’s just so much to like here that this one really gets a lot to like about it. While some of the epics could’ve been trimmed down some, there’s still not much to dislike here as the most expansive epic here is the most enjoyable and blistering piece of music on the album so there’s little to not like about that feature here as the songs are just that good. After the pointless noise collage of ‘Gates to Oblivion,’ proper first song Dies Irae’ gets this going nicely with a stellar combination of their influences wrapped in a tight, muscular package that overwhelms to the point of utter enjoyment. ‘Manifestation ov Dark Essence’ is pretty similar only does so with less time, proving that the band doesn’t need to pen epic-length material to have an epic sound and comes off as one of the better highlights here. Even better, the title track manages to come off as utterly, incredibly bombastic with an overload of symphonic keyboards mixed nicely alongside the chaotic guitar patterns while generating a lot of great rhythms and faster tempos than anything before it, serving as a back-to-back highlight. The melancholic ‘My Death’ attempts to place mid-tempo plodding and atmospheric keyboard work instead of the bombastic symphony-laden approach which gets a little tiresome just due to the meandering mid-section but still has the right approach to remain likeable enough. ‘Triumph of the Beast’ is yet another epic-length barnburner like the title track which gets in plenty of raging symphonic leads, tight guitars and pounding drumming with a touch of the atmospheric for yet another stand-out effort. While not an overall bad song, ‘The XI-th Angle’ does tend to sound like most of the others here so it doesn’t really stand out in any special way yet still contains all the greatness of what made the others so enjoyable so it does have a lot to like about it. The expansive epic ‘Naglfar’ pretty much makes most of the other tracks here obsolete with a solid nine-plus minutes of technical guitar-work, blazing drumming that hurtles forth at maximum speed for the duration of the track and off-set with gorgeous keyboards shimmering and humming along wielding explosive energies and non-stop tempo variations, making for one of the most enjoyable pieces of music in the scene and single-handedly making this a must-buy release. While not up to par with that gorgeous epic, ‘Egocide’ is still quite enjoyable with a multi-sectioned approach of plodding, mid-tempo work with gorgeous, lighter keyboards up front while delving into traditional blasting-heavy approaches and plenty of bombast in the second half. About the only really weak effort here, ‘Re-Birth’ is just too slow and lethargic to make the most of its ho-hum bombast and middling tempo. ‘Dreamless’ is simply just a simple, spacey keyboard melody signaling the end of the journey as this ends on a positive note. Like a breath of fresh air in the genre, this is easily one of the more impressive Symphonic Black Metal acts to come along in a while and is the start of a hopefully impressive career. (Don Anelli)

(Paragon Records - 2013)
Score: 85

https://www.facebook.com/Elderblood

sabato 8 novembre 2014

Conjonctive - Until the Whole World Dies...

#PER CHI AMA: Deathcore
È con questo debut album che gli svizzeri Conjonctive giungono sul mercato, dopo aver fatto la classica gavetta tra live, EP e quant'altro, maturando la giusta esperienza che trasuda tra le note di 'Until the Whole World Dies'. Infatti, questo disco tutto sembra tranne che un album di debutto. Votati al deathcore più intransigente, si notano influenze thrashcore e perchè no, qua e là, anche elementi di symphonic black che riportano immediatamente alle sonorità create da gruppi quali Dimmu Borgir, Cradle of Filth e compagnia bella. Dico subito quello che secondo me è il tratto distintivo del gruppo: il simbiotico dualismo delle vocals, una maschile ed una femminile, che dal primo all'ultimo secondo ci presentano un growling che dire estremo è dir poco. Mai un secondo di pausa, mai una clean qua e là...sempre e solo growl; oddio, per quello che mi riguarda non esattamente una buona notizia, però gli stilemi del deathcore più conservatore vogliono questo, e qua vengono decisamente rispettati. Il dualismo tra i due profondi urlatori, femminile e maschile, però tende a rendere più interessante quanto qui proposto. La musica invece, mi ha fatto venire in mente questa immagine piuttosto esplicativa: una motosega che dilania tutto quello che incontra sul suo percorso, senza tentennamenti di sorta. Una distruzione totale, ossessiva, talvolta più frenetica ("The Rise Of The Black Moon" e la title track), altre volte più lenta e cupa ("Emily Rose" e "Victoria's Lake"), ma che giunge sempre allo stesso risultato: le ossa triturate. La violenza senza compromessi è il tratto distintivo di questo album, senza intervalli melodici e fronzoli, accompagnata però da una notevole perizia tecnica agli strumenti da parte dei ragazzoni elvetici. Nulla da eccepire anche per quello che riguarda la produzione, assolutamente di livello e talmente precisa da risultare tagliente come una lama pericolosissima. Album da ascoltare in blocco e riascoltare per gustare le sfumature più sottili; un buonissimo risultato, debut album assolutamente valido. (Claudio Catena)

(Tenacity Music - 2013)
Voto: 75

Vertigo Steps - Disappear Here In The Reel World: A VS Coda

#PER CHI AMA: Progressive Rock, Porcupine Tree
I Vertigo Steps sono un progetto del duo finnico/portoghese formato nel 2007 da Bruno A. (all guitars, keys, programming & samples, music) e Niko Mankinen (lead vocals), che si avvale di Daniel Cardoso (drums, bass, backing vocals ) come session e di altre collaborazioni. 'Disappear Here in the Reel World: A VS Coda', si propone come un sunto del background della band, creando un'antologia che pesca dalla discografia del gruppo dall'album d'esordio 'Vertigo Steps' del 2008, all'ultimo 'Surface/Light' del 2012, passando per 'The Melancholy Hour' (2010). Già dai primi tre brani, che formano ognuno uno step nella discografia dei Vertigo, si può avere un assaggio della crescita del gruppo dagli esordi a oggi. "Fire Eaters" si presenta fra i tre come il brano meno ispirato e dalle tendenze eccessivamente commerciali, soprattutto per quanto riguarda la sezione iniziale e la sua ripresa finale, la parte che sta nel mezzo è invece più interessante, con chitarre acustiche, note stoppate e sovrapposizioni vocali a creare un alone sonoro dal gusto più sperimentale. Purtroppo una produzione che privilegia troppo la sezione chitarristica toglie respiro alla parte vocale e gli altri strumenti. "Silentground" alza il tiro e la posta in gioco, con un sound più omogeneo e idee negli arrangiamenti e nei temi più interessanti, pur mantenendo strutture e atmosfere simili al brano d'apertura. Eccellenti sono le prestazioni della chitarra solista, come le suggestioni melodiche e le scariche elettriche che porta con sé. Solamente con "Railroads of Life" viene però completato il viaggio attraverso questo ideale trittico d'apertura che passa in rassegna gli archivi della band dal 2008 al 2012. Il pezzo si apre con una chitarra acustica che inaugura una delle semi-ballad più belle di quest'antologia, essa dialoga con il caldo registro basso del vocalist e viene puntellata da interventi delle chitarre soliste. All'esplodere della seconda sezione del pezzo stupiscono anche le registrazioni di dialoghi parlati e gli interventi di una voce femminile dal sapore orientale. In "The Swarming Process" un'introduzione accattivante cattura subito l'attenzione. Un brano davvero interessante, che mischia arrangiamenti metal a un atteggiamento post rock e a una linea vocale dal timbro suadente e levigato, malgrado l'uso del registro alto del vocalist. Il giro di basso che domina la strofa iniziale è davvero efficace tanto da risaltare come il punto di forza su un pezzo dai molti spunti intriganti. Un'altra semi-ballad si affianca a Railroads of Life. "The Porcupine Dilemma", il cui titolo rimanda subito alla band fondata dall'eclettico Steven Wilson, si presenta in ultima analisi come un pezzo enigmatico, infatti quello che può sembrare un brano orecchiabile e immediato nasconde vie traverse percorse dalla struttura e dal sound che portano subito l'ascoltatore a fermarsi e rimandare il pezzo da capo. Intro e autro portano con sé tocchi cristallini di triangolo, e una strofa ruvida ma malinconica che sfoga nella parte centrale del pezzo il un grido corale supportato da un muro di chitarre ritmiche dagli accordi ostinati. Chitarra acustica, armonici naturali e piatti accompagnano l'apertura di "INhale". La voce si muove su un registro medio-basso quasi esalato e leggermente filtrato nella parte iniziale e la struttura è costituita in un crescendo continuo che domina sempre più imponente fino al finale. Difficile definire semi-ballad una struttura così aperta e semplice che si muove in linea retta, il suo tramonto altrimenti ripetitivo viene giustificato e valorizzato da tale struttura a sovrapposizione sonora. "Through Sham Lenses", con una bella chitarra in clean iniziale, si presenta come un pezzo dalle forti influenze di band come gli U2, specie nelle vocals, il tutto trasportato nella stile proprio della band. Un pezzo che senza troppe pretese prende con molta efficacia già dal primo ascolto. Da un fade in esplode "The Spider & The Weaving", un pezzo che lascia poco spazio ai ragionamenti e s'impone per la sua possente fisicità. La potenza della batteria domina, le chitarre l'attorniano dialogandovi, la voce prolunga questa forza. Inaspettatamente il brano viene spezzato da un intermezzo di piano dal sapore malinconico, per poi riprende nel finale l'iniziale forza poi sfumando questa volta in fade out. "Silent Bliss", brano dal sound molto moderno e curato, non riesce a imporsi ulteriormente a livello compositivo, passando leggermente inosservato, certo è che questo assaggio tratto dall'ultimo lavoro dei nostri trova il suo perché in un alone sonoro ricco di riverbero che permea musica e voce. "Someone (Like You)" è la prima vera ballad dell'album. Dall'arrangiamento nella prima parte minimale e nella seconda più pieno, dai cori e dalle sovrapposizioni vocali e infine dall'andamento ritmico andante ma calmo, s'intuisce l'intenzione di creare un'esperienza istintiva, fatta di impressioni sonore più che di strutture tematiche distinte e sfoggio di perizia tecnica fine a se stessa. I brividi sono assicurati già all'apertura di "Nothing At All". Magistrali l'interpretazione del vocalist e la sua versatilità nel muoversi tra registri bassi e caldi e falsetti morbidi. Tutta la prima sezione si muove calma tra chitarre clean minimali e samples dai suoni di batteria elettronica e un piano che incanta e adombra il tutto contemporaneamente in un'atmosfera strana e surreale non priva di un lucente fascino. La seconda sezione si rivela più piena nell'arrangiamento, espediente strutturale che rimanda nel brano precedente. Dal nulla nasce "Synapse (Sleepwalking Metaphorms)", che assieme a "Railroads of Life", "The Swarming Process", "The Porcupine Dilemma" e "Nothing at All" sale sul podio dei 5 brani più validi e interessanti di questa raccolta. Dolce chitarra acustica, interventi corali come aure pulsanti di suono, brandelli di registrazioni di dialoghi prima dell'entrata di basso e batteria. La voce si sovrappone alla chitarra clean dell'inizio e a questo morbido tappeto della sezione ritmica. Finché non esplode la granata del chorus dalla chitarra ritmica che strizza l'occhio al metal. L'ultima parola va alla chitarra solista che chiude la porta al chorus per aprirla a una ripresa della strofa iniziale. Questo rapporto cangiante tra esplosione e implosione tra queste sezioni portanti costituisce l'ossatura del brano. L'assolo di chitarra centrale, supportato da una forte ritmica derivata dal chorus si fonde a essa, in una metamorfosi impercettibile che porta alla lunga coda delle chitarre in larsen. A chiudere questo notevole excursus tra la discografia della band vi è "Sunflowers/Remissions", e mai titolo poté meglio descrivere questo gioiello strumentale cui le chitarre acustiche e le elettriche in clean, dai molteplici timbri, donano linfa vitale. Il pezzo in realtà è strutturato in due parti, divise da una frase parlata, quasi sussurrata, per lasciare infine spazio alla musica dove le parole non possono arrivare. I Vertigo Steps hanno la freschezza e lo stile di band come gli Alter Bridge unite alla sensibilità espressiva e la cura nel sound di band come i Porcupine Tree. Grazie a questo viaggio negli archivi del gruppo dagli esordi agli ultimi lavori è possibile notare una maturazione nella qualità del sound, specie per ciò che concerne gli equilibri tra le molteplici traccie nel mixaggio. L'artwork si mantiene sempre raffinato ma moderno e dall'alta professionalità. Malgrado gli eterogenei spunti stilistici la band riesce a creare comunque uno stile personale e omogeneo, anche considerando la discografia nella sua interezza. L'originalità, seppur calibrata alla fruibilità di un ascolto da parte di un ampio spettro di pubblico proveniente da più generi, appare sempre in modo ragionato e mai disorientante, riuscendo comunque a dare un tocco di classe a questo progetto che unisce idealmente il freddo nord europa al caldo sud. (Marco Pedrali)


(Ethereal Sound Works - 2014)
Voto: 80

Cross Examination - Dawn of the Dude

#FOR FANS OF: Thrash/Crossover
Thought the thrash revival was over? Well, you're right. Metal is now so diverse that there really is no governing genre at any time. But thrash metal, ruler of the mid/late eighties, enjoyed a welcoming comeback in the mid 00s. However successful or obscure thrash became - its bastard-child, crossover, pioneered by the likes of S.O.D, Suicidal Tendencies and D.R.I, never really went anywhere. It just gradually became more violent, frenzied, and humorous. This is music for those who truly do not give a fuck - and Missouri's Cross Examination epitomize that characteristic in hilarious fashion. These thrasher's debut full-length "Menace II Sobriety" was a furious, yet surprisingly contained, piece of crossover madness, with memorable riffs and clear song-structures. But if their new EP "Dawn of the Dude" is any sign of things to come...then prepare to rip some fucking wallpaper. The riffs have been diluted by a messier production which boosts the volume of the cymbals and the bass. It's VERY sloppy in comparison to previous releases, which provides the perfect atmosphere for this 13-minute mayhemic monster. Fortunately, Kegmaster's vocals have become even more frantic and hysterical - making him the star of the whole affair. Any crossover fan should reap much joy from hearing him shout "WHAT! THE! FUUUUCK?!" in "Opposite Day". Plenty of samples and spoken-word sections make this a self-aware and charming EP which is guaranteed to plant a smile on the most hardened metalhead. The musings of opener "Wake Up Call", the rhythmic gang-shouts of "Hail To The Jeef", and the sheer chaos of "Ritual Snackrifice" contrast wonderfully with full-blown thrash flings like "The Bluntacolypse" and the groovier title-track, resulting in a schizophrenic, yet endearing, chunk of insanity. Considering its brevity, Cross Examination manage to cram a decent amount of variety into "Dawn of the Dude”, as well as the consistency to remain stylistically loyal to the crossover psychopaths they clearly worship. Highly recommended. (Larry Best)

(Organized Crime - 2014)
Score: 80

giovedì 6 novembre 2014

Khaossos - Eksistentialismi

#PER CHI AMA: Black Old School
Vive qualcosa di realmente malato in questa nuova opera dei finlandesi Khaossos che segna un vistoso balzo in avanti nella loro dimensione artististica, con la loro cadenza depressiva che incombe anche nelle partiture più veloci e taglienti, nei rallentamenti ossessivi e monotoni, grigi, deformi, che si muovono a stento, tombali, offrendo la sensazione di un viaggio doloroso fatto di tetra e cupa negatività. Un sound viscerale e affascinante, misterioso e lugubre, inconcepibile per alcuni, amabile alla follia per altri. Il loro modo di fondere il psico dramma sonico di un purosangue del genere funeral metal con l'iconoclasta volgare e sudicia velocità del black metal old school più degenero e sotterraneo, quello che vive nella penombra e non vede alcun spiraglio di luce. La one man band di Uusima non fa prigionieri e i pochi rimasti li tortura con litanie devastanti, sepolcrali, come le interpretazioni vocali dell'unico membro effettivo, Goatinum Morwon, in grado di gestire bene anche tutti gli strumenti usati nell'album. Un suono spoglio e freddo quanto reale e crudele, carico di sentimentale oscura ispirazione che colma anche piccole lacune compositive che altrimenti risulterebbero compromettere l'intensità dell'intero box. Pochi virtuosismi e tanta genuina tristezza, un'efferata volontà di trasmettere emozioni oscure che mai titolo migliore, 'Eksistentialismi', avrebbe potuto riassumere. Sei brani autoprodotti dall'indole isolazionista per una durata notevole di circa quaranta minuti divisi equamente tra funeral e black metal senza un confine certo e palpabile. Difficile paragonare questi brani con qualche altro artista ma possiamo dire che la scuola Burzum si sente, anche se non prevale ed il suono Inquisition, più corposo e diretto, ha un certo sopravvento. Anche il minimalismo stilistico dei Frozen Ocean dona la sua partecipazione. Colpisce soprattutto la sfera di coinvolgimento cerebrale che fa lievitare il lavoro e lo rende interessante, quel senso di follia malsana e solitaria che colpisce fin dalle prime note, quella brezza gelida venuta da lande desolate e deserte che sovrastano il tutto. Statico, convenzionale, decadente e perversamente geniale. Poche armi ma usate benissimo da un guerriero molto intelligente! Da ascoltare! (Bob Stoner)

mercoledì 5 novembre 2014

Cannibal Corpse - A Skeletal Domain

#FOR FANS OF: Brutal Death
It’s that time for another Corpse album. I won’t mess about at all and just have to get this off my chest – this album is mighty. It’s one beast of an album, full of everything and anything you could ever want from Cannibal Corpse. For starters, I’m glad that the band chose to work with a different producer. Not that there was anything wrong with the Rutan albums, but it’s just good to change things up a bit sometimes. It’s a bit of a gamble, sure, but if it works the pay off can be huge, just like it is here – and just like it was on Kill. I wish more bands would take this approach, such as Nile, rather than just working with the same producer over and over again. You never know who’s going to bring out the best in you. “High Velocity Impact Spatter” – just the title is enough to get you going, and shit, does the track ever deliver. One of the most crushing opening tracks in Corpse history. You’ll immediately notice that the guitars sound thicker than ever, the bass is nice and audible, the drums are exactly the way they are supposed to be, and Corpsegrinder sounds fucking amazing. His vocals are nice and loud in the mix without washing everything else out. Perhaps the best thing about this album is that it has something for every Corpse fan. The lighting fast tracks, the mid tempo, groovy tracks, and the downright dirty, evil tracks. It’s easy to hear things from their entire discography here. I've talked with a bunch of Corpse fans about this album, and everyone seems to have their own favorite set of songs – yet they are mostly different. Which just shows to prove that this album caters to a lot of different Corpse styles, which is great. The band, being the seasoned pros that they are, perform flawlessly on this record. That’s to be expected, and it would really surprise me if the technical ability wasn't up there with the best. What did surprise me though was the energy rushing through this album, something I felt their previous record “Torture” lacked. But here, it’s all over the place, and it’s absolutely relentless, and great to hear the band so determined. Another great thing on this album is that we have more contributions from Pat. Criminally under rated, Pat is an amazing guitar player. Not just technically, but he’s a fantastic song writer as well, so hearing more of his stuff on this album is a real treat. I wish Rob could get in there a bit more as well, as I have always loved his writing style in Solstice and Malevolent Creation. That said though, this is the best Cannibal Corpse line up there ever was and will be, and here the guys are in top form. For me, it’s hard to pick my favorites, but I would say that the strongest songs on the album are “High Velocity Impact Spatter”, “Sadistic Embodiment”, A Skeletal Domain”, “Headlong Into Carnage”, “Icepick Lobotomy” and “Hallowed Bodies.” I realize that that’s basically half the album right there, but Corpse really have cut the fat off of this one and just thrown that sucker on the grill. And the end result is just pure death metal badassery. Go get this. (Yener Ozturk)

(Metal Blade - 2014)
Score: 90

http://www.cannibalcorpse.net/

+1476+ – Edgar Allan Poe: A Life Of Hope & Despair

#PER CHI AMA: Soundtracks, Gothic, Neoclassical, Ambient, Ulver
Di questo duo del New England abbiamo avuto già modo di parlare lo scorso anno, in occasione della splendida accoppiata 'Wildwood'/'The Nightlife', che li rivelava come band interessantissima ed estremamente eclettica, ed oggi torniamo ad occuparcene in concomitanza con l’uscita di questo nuovo, particolare lavoro. Per l’occasione i 1476 ci hanno concesso una lunga ed ricchissima intervista (la prima di una, si spera, lunga serie per il Pozzo) in cui ci hanno parlato, tra le altre cose, anche di questo loro nuovo lavoro. Come si intuisce dal titolo, si tratta di musica ispirata alla vita di Edgar Allan Poe, una vera e propria colonna sonora per una mostra dedicata al grande scrittore americano da una galleria d’arte di Salem. Il gruppo si è buttato con entusiasmo nel progetto, prendendo ad ispirazione la vita piú che le opere di Poe. Il risultato sono otto brani, per 44 minuti di musica, per la gran parte strumentali, dalle atmosfere drammatiche e sempre estremamente suggestive. Per lo piú incentrate sul pianoforte, nelle otto composizioni si alternano momenti puramente neoclassici ad altri vicini all’ambient piú sinistro e meno rassicurante in cui fanno la loro comparsa gli archi, chitarre acustiche ma anche droni e beat elettronic. Loro stessi, nell’intervista, arrivano a definire questo lavoro come il risultato di un’accoppiamento tra Chopin e Ulver (!). Si prenda ad esempio l’iniziale "A Circle of Hope & Despair", drammatica e ottocentesca, o la raggelante elettronica di "Extranction Environs". L’unica vera e propria canzone, "A Circle is Eternal", è una fenomenale cavalcata di sette minuti, che mette in mostra la straordinaria capacità dei nostri di costruire crescendo emozionanti, oltre a confermare le doti vocali di Robb Kavjian, mentre per tutto il resto del programma ad incantare è soprattutto la perizia pianistica di Neil DeRosa. Lavoro di sicuro molto particolare e certamente interlocutorio, che serve come succoso antipasto per un nuovo album (pronto al 75%, come ci rivela lo stesso Robb) e che rivela una faccia inedita del combo americano, in grado di affascinare e ammaliare con oscure arti di seduzione. Inafferrabili. (Mauro Catena)

(Seraphim House - 2014)
Voto: 70

http://www.1476cult.com/

The Pit Tips

Don Anelli

Death - Leprosy (remastered)
Frightmare - Midnight Murder Mania
Autopsy - Severed Survival
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Francesco "Franz" Scarci

In Flames - Siren Charms
Scar Symmetry - The Singularity
Solstafir - Otta
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Kent

Jayke Orvis & The Broken Band - Bless This Mess
Highlonesome - Highlonesome
Sons Of Perdition - The Kingdom Is On Fire
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Stefano Torregrossa

Aphex Twin - Syro
Transatlantic - Kaleidoscope
Conan - Monnos
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Michele "Mik" Montanari

Thom Yorke - Tomorrow's Modern Boxes
The Slaughterhouse 5 - Alban B. Clay
YOB - Clearing the Path to Ascend
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Roberto Alba

Plateau Sigma - The True Shape Of Eskatos
Thee Maldoror Kollective - Knownothingism
Mysticum - Planet Satan
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Mauro Catena

Iceage - Plowing Into The Field Of Love
Jon Spencer Blues Explosion - Orange
Cristina Donà - Cosí Vicini
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Bob Stoner

Dodheimsgard - 666 International
Gorefest - Soul Survivor
Alex Machacek, Terry Bozzio - Sic
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Claudio Catena

Obituary- Back from The Dead
In Flames- Whoracle
Exodus- Blood In Blood Out

domenica 2 novembre 2014

Coraxo - Starlit Flame II

#PER CHI AMA: Cyber Death, The Kovenant, ...And Oceans
Non è nemmeno passato un anno da quando ho recensito 'Starlit Flame', Ep d'esordio dei finlandesi Coraxo, facente parte di una trilogia che comprende quell'album, il qui presente 'Starlit Flame II' e verosimilmente una parte III che non tarderà certo a uscire. L'impronta musicale dei nostri era apparsa già alquanto chiara in quell'esordio: un death melodico frammisto a una pesante porzione di elettronica. Citavo per l'appunto gli ...And Oceans e non posso far altro che confermare quell'affermazione, non appena "Lanterns" scoppia minacciosa nel mio stereo, dopo la breve intro. Le novità rispetto al precedente lavoro non sono cosi palesi: le tematiche proseguono infatti la storia delle Starlit Flame, una razza di nanomacchine aliene che si infiltra nella terra del venticinquesimo secolo, e l'inevitabile (quanto mai abusato) scontro tra uomini e macchine per la sopravvivenza. Il death melo-cibernetico torna a riaffacciarci tra ritmiche tiratissime, synth che richiamano suoni intergalattici e vocals abrasive. "Tangier" torna a strizzare l'occhio ai The Kovenant, con un mid-tempo melodico che gioca sul contrasto tra le harsh vocals e le delicate note delle tastiere. "The Bastion", la quarta traccia, mi fa pensare all'attacco delle macchine contro gli umani, per quel suo incandescente impeto iniziale con cui erompe nel mio hi-fi. La ferocia dei suoni arriva presto a placarsi, forse gli umani sono riusciti a scacciare le macchine, ma si tratta sicuramente di una tregua passeggera. "The Citadel" evoca musicalmente gli Edge of Sanity più melodici e progressivi, complice la presenza di Dan Swano dietro alla consolle nei suoi Unisound studio, mentre le vocals abbandonano lo screaming per tonalità leggermente più profonde. La song ha comunque nelle sue note un che di etereo, con le linee di chitarra più leggere rispetto alle precedenti tracce e comunque una bella linea melodica guida l'intero pezzo fino alla fine. La mano della vecchia volpe Dan si sente forte e chiara e questo non può che essere un punto a favore dei Coraxo che si giocano l'ultima carta con "Ghosts", la sesta e ultima song di questo esuberante 'Starlit Flame II'. La traccia è assai spettrale, lenta e malinconica, grazie a un delizioso impasto keys/chitarre da brivido, sicuramente la più intensa del lotto e anche la mia preferita. Il terzo episodio della saga 'Starlit Flame' promette di essere ancor più delizioso, visti i progressi del trio finlandese in cosi poco tempo e c'è già chi si sta leccando i baffi, il sottoscritto no... (Francesco Scarci)

(Self - 2014)
Voto: 75

http://coraxo-official.com/

Emrevoid - Riverso

#PER CHI AMA: Black/Death, Svart Crown, Dismember, Ulcerate
Piacevole all'udito ed alla vista, l'EP di debutto degli Emrevoid scorre fluidamente già dal primo ascolto. Una sapiente miscela di dissonanze (infondo vogliamo tutti bene agli Ulcerate), violente accelerazioni e un sound corposo sono la chiave vincente del combo romagnolo, le cui composizioni avanzano imponenti e senza tregua per tutta la durata dell'opera. Nessuna carenza tecnica e nesuna sporcizia, giusto quel leggero velo cinereo nel suono per rendere il tutto più oscuro, polveroso e di conseguenza apprezzabile. Il songwriting seppur calcante le linee classiche del genere, viene valorizzato dall'alta varietà di pattern utilizzati dal gruppo, ciclicamente ripetitivi in tutta la durata del disco ma comunque capaci di tenere alto il livello d'attenzione e di piacere. Particolarità di 'Riverso' sono le liriche in italiano che non stonano nel complesso ed acuiscono una malevola sensazione nel momento in cui si riescono a comprendere alcune frasi. Altra menzione doverosa si deve alla costante ombra melodica svedese (mi sovvengono all'ascolto, freddezze alla Dark Funeral e Dissection) che gioca a nascondersi ed apparire per brevi momenti, rinvigorendo notevolmente alcune tracce, dove "Il Tuo Disegno" ne diventa l'emblema. Tirando le somme, questo debut album è ben concepito e sembra promettere (speriamo in bene) in un futuro full-length che sviluppi pienamente le varie idee della formazione italica. Chiudo invitando i cari ascoltatori della vecchia scuola a non spaventarsi più di tanto, poichè ho qui riportato solo i particolari che caratterizzano l'opera, la base rimane un consistente death metal che strizza continuamente l'occhio ai primordi Mordib Angel ed Obituary; verso la fine del disco lo percepirete sempre di più, in primis nelle ritmiche. (Kent)

(Drown Within Records - 2014)
Voto: 65

https://www.facebook.com/emrevoid

Have a Nice Life – The Unnatural World

#PER CHI AMA: Dark/Shoegaze
Alla costante ricerca di nuovi talenti, mi imbatto oggi nei Have a Nice Life e nel loro vinile 'The Unnatural World', Lp di otto tracce. Non so davvero cosa aspettarmi da questa band ma quando “Guggenheim Wa...” apre col suo sound sporco e oscuro, ne rimango immediatamente affascinato. Sembra si tratti di musica dark, ma una conferma più precisa ve la darò con i successivi pezzi. Intanto mi godo i riverberi, le atmosfere rarefatte ma dilatate, voci a la Depeche Mode e un qualche cenno agli ultimi lavori dei norvegesi Beyond Dawn. Proseguo curioso di capire quale sia la reale collocazione di questi personaggi e “Defenestration...” in effetti conferma la direzione electro dark dei Have a Nice Life, fatta di una ritmica abbastanza primitiva e ripetitiva, con le vocals che si muovono tra Dave Gahan e urla punk. Forse siamo in presenza di una creatura post punk/shoegaze/dark dal sound accattivante, o forse di un nuovo genere difficile da etichettare, soprattutto dopo l'ascolto della terza track. “Music Will Unntu...” chiude con i suoi frammenti drone/wave il side A del disco che si riapre nel lato B con “Cropsey” e spezzoni estratti da una qualche trasmissione degli anni '70, mentre in sottofondo va il suono di un carrion e di una batteria; infine il tutto si rimette in sella con voce e una iper distorta chitarra, in una song che sembra un lontano sogno confuso. “Unholy Life” strizza l'occhiolino ai The Cure di “A Forest...” cosi come “Dan and Tim, ...” e il loro basso in primo piano, non fanno altro che citare la band di Robert Smith e soci mischiata in un qualche modo ai già citati Depeche Mode. Insomma, 'The Unnatural World' è un album che piacerà a chi è nostalgico per quei suoni che in un qualche modo hanno scritto la storia della musica dark miscelata ad altre sonorità più moderne. Un bell'esperimento a cui dare sicuramente una chance. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70

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