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domenica 14 maggio 2023

Limbonic Art - The Ultimate Death Worship

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Decisamente sorprendente questo lavoro del feroce duo scandinavo dei Limbonic Art. Sorprendente sia per chi, come me, non conosce a fondo questa ormai storica realtà black metal, sia per chiunque risulti essere un suo appassionato seguace da tempo. 'The Ultimate Death Worship' si rivela infatti come un concentrato di aggressività non indifferente: chi, non conoscendoli, si aspettava un prodotto assai raffinato e ricco di orchestrazioni enfatiche, troverà la stessa enfasi del passato tradotta in un sound decisamente più spostato verso le sonorità meno "delicate" della musica estrema. Questo lo si evince in particolar modo dal lavoro di chitarra, per nulla banale e a tratti assai articolato se proporzionato al genere proposto, sorretto da una produzione che conferisce alle sei corde stesse un suono marcatamente più corposo rispetto al passato, decisamente più vicino ad un suono tipicamente death metal che black. Le vocals risultano essere, come prevedibile, incredibilmente incisive ed oscure, ponendo però un importante elemento di novità in campo black: se si presta un po' di attenzione è possibile comprendere i testi (soprattutto nella prima traccia)! Questo a dimostrazione del fatto che i nostri sono stati particolarmente attenti nell'equilibrare l'uso dei diversi strumenti, al fine di ottenere un prodotto sì aggressivo, ma al contempo vario e in grado di far apprezzare all'ascoltatore tutte le sue raffinate e nascoste dinamiche. Compatto, violento, melodico: 'The Ultimate Death Worship' si presta ad essere un ascolto gradito a chi ama l'estremismo sonoro concepito nella sua più vasta accezione e nella sua più intimistica raffinatezza.

(Nocturnal Art Productions/Hammerheart Records – 2002/2019)
Voto: 74

https://limbonicart.bandcamp.com/album/the-ultimate-death-worship

lunedì 13 agosto 2018

Mindgrinder - Riot Detonator

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Cyber Death, primi Fear Factory, Morbid Angel
Un grido di guerra apre il secondo capitolo targato Mindgrinder, band norvegese, scoperta dalla Nocturnal Art, che già nel 2004 aveva impressionato positivamente la critica con il debut album 'Mindtech'. Il gruppo scandinavo, formatosi per mano dell’ex batterista/tastierista dei Source Of Tide, Cosmocrator, ha registrato 'Riot Detonator' agli Akkerhaugen Lydstudio (Emperor, Zyklon, Windir) nell’inverno 2004/2005. Il presente cd, contenente tra l’altro 2 videoclips, non sembra discostarsi dal lavoro di debutto, dove il cyber metal alla Fear Factory si fondeva con la veemenza dei Morbid Angel. Di quell’album, è rimasta sicuramente inalterata la violenza, che passa da registri squisitamente thrash (riscontrabili nella parte centrale del disco), ad altri che rievocano i Fear Factory di 'Soul of a New Machine' (nelle prime due tracce), ma con gli inserti dei synth sensibilmente ridotti, mentre parecchio pesanti restano i riferimenti ai Morbid Angel, soprattutto nei conclusivi due brani. Comunque, un po’ tutte le influenze death/thrash metal degli ultimi 20 anni, convogliano all’interno delle nove tracce di 'Riot Detonator'; pur essendo ben suonato, con una produzione ok, buoni assoli, e una batteria il cui uso talvolta lascia un po’ a desiderare, il motivo di risultare un super polpettone di stili e influenze alla fine stanca l’ascoltatore. Cosa volete che vi dica: a parte qualche episodio, “The Rebellion” ad esempio, dove le influenze dei Grip Inc. sono assai evidenti nell’uso delle chitarre e nell’assolo conclusivo, il resto dell’album viaggia su binari non proprio eccellenti, che meritano sì una sufficienza, ma solo per l’onestà della proposta. Per il resto roba già sentita. (Francesco Scarci)

(Nocturnal Art Productions - 2005)
Voto: 60

https://www.facebook.com/MINDGRINDERNORWAY

mercoledì 29 maggio 2013

Red Harvest - Sick Transit Gloria Mundi

#PER CHI AMA: Black Industrial
Andiamo a scoprire il quinto album per i Red Harvest, storica band norvegese che debuttò nel '92 su Black Mark con “Nomindsland” e che, lontana dai vari trend che si sono avvicendati nell'arco di questo due decenni nel metal estremo, ha sempre mantenuto fede ad un percorso artistico autonomo. Attraverso lavori come “There's Beauty in the Purity of Sadness”, “Hybreed” e “Cold Dark Matter”, i Red Harvest hanno saputo plasmare il suono embrionale degli inizi, fatto di intuizioni originali ma anche di sperimentazioni talvolta poco riuscite, approdando così ad un industrial-metal molto personale. Se, qualitativamente parlando, “Hybreed” poteva rappresentare il disco della svolta, “Sick Transit Gloria Mundi” acquista un ruolo diverso, imponendosi come il migliore lavoro partorito dal gruppo e facendo emergere i Red Harvest da un "quasi anonimato" che non rendeva certo giustizia al loro reale valore. “Sick Transit Gloria Mundi” è un disco che raggiunge non soltanto la perfezione stilistica ma diventa anche il tramite di un concetto vasto ed attualissimo, che vede coinvolte scienza e spiritualità in una realtà terrificante. Quello che i Red Harvest dipingono è un inferno non molto distante dal mondo reale, un mondo incolore dove l'umanità è totalmente asservita alle macchine e si prostra ad una tecnologia dai connotati quasi mistici. Assorbita la lezione di nomi fondamentali quali Scorn, Ministry, Pitchshifter e Godflesh, la band stravolge questo patrimonio genetico e lo riassembla in modo convincente, conferendo alla propria musica una vena apocalittica, malata e spesso brutale, con ritmi martellanti ed un'atmosfera sempre cupa ed ossessiva. Nascono così dei pezzi devastanti come “AEP”, “Humanoia” e “Beyond the End”, grida disperate d'allarme che giungono impetuose e stridono nell'aria velenosa di una natura ormai al collasso. L'assalto metal industriale dei Red Harvest sa essere distruttivo e inarrestabile ma in episodi come “Desolation”, “CyberNaut” e “Godtech” è un incedere lento e pesante ad accompagnare le immagini aberranti descritte, come se due occhi stanchi seguissero annoiati i fotogrammi terribili di una catastrofe imminente. Dolore, rabbia e grigia frustrazione convivono nell'album più bello che i Red Harvest abbiano realizzato fino ad ora, tracciando un'alternativa estraniante di annullamento e di lenta autodistruzione, un'ultima chance per fuggire da questo mondo intossicato... get off the planet, now! (Roberto Alba)

(Nocturnal Art Productions)
Voto: 90