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mercoledì 23 aprile 2014

Infection Code - Fine

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Industrial Noise Rock, Neurosis
Mi giunge, purtroppo in un misero cd-r, 'Fine' ultima fatica in ordine temporale degli alessandrini Infection Code, in attesa del nuovo 'La Dittaura del Rumore' in uscita a giugno per Argonauta Records. Il platter si apre con l'ipnotica "Varnish" che mostra una voce e un drumming ripetitivo sorretti da un tappeto di effetti rumoristici che accompagna l'arrivo di "All Colours", traccia abbastanza anonima ed isolata dal resto dell'album. La successiva "Grey" è la traccia più prolissa del disco a trasmettere una quiete mistica dove sono continuano a essere protagonisti i sintetizzatori che cullano l'ascolto grazie alla loro modulazione. La seconda parte del disco presenta tracce monotone e ripetitive come l'industriale "Collapse of the Red Side" e la sconclusionata a tratti fastidiosa "Black Glue", mentre la cover dei CSI "Cupe Vampe" non è memorabile. L'opera si conclude con "Painting My Life", composizione interessante che si fonda essenzialmente sull'elettronica e sulle vocals, capace di offrire una distinta atmosfera e una buona trasformazione finale. In sostanza questo 'Fine' è un album relativamente piatto, dove solo pochi spunti riescono a risaltare sul complesso. (Kent)

(New LM Records - 2010)
Voto: 55

sabato 19 maggio 2012

Brain - Nightmare in Love

#PER CHI AMA: Death/Thrash
Questo lavoro è stato una piacevole sorpresa, interessanti e convincente. Partiamo dall’inizio. Mi capita tra le mani questo “Nightmare in Love”; guardo l’artwork, alzo un po’ il sopracciglio e mi faccio un paio di idee sul contenuto. Carico nel lettore e premo play. Però! Niente male questi “Brain”! Enrico Tiberi (voce e chitarre), Alessio Spallarossa (batteria, militava nei Sadist) e Andrea Lunardi (tastiere) ci hanno dato dentro che è un piacere. Si sono guardati intorno, hanno preso spunti, li hanno amalgamati in maniera solida, persuasiva e piuttosto personale. Ed ecco “Nightmare in Love”, un LP difficile da catalogare. Per darvi un’ idea, lo scheletro delle canzoni parte dal death/thrash, tuttavia gli innesti elettronici e di tastiere mi fanno ricordare certi gruppi di metà anni ’90 (butto lì i Fear Factory). La loro bravura tecnica emerge da ogni brano, in più hanno ottenuto un buon risultato anche a livello compositivo. Tutto questo, combinando aggressività e velocità in modo funzionale. Come dicevo, la parte esecutiva è notevole. Svetta l’operato del batterista, sempre preciso, martellante e mai sopra le righe. A seguire le inquietanti tastiere e le scalpitanti chitarre. Il cantato, sebbene passi agilmente dal growl a parti più pulite, mi suona un filo ripetitivo. Tra le tracce trovo non banali le più gelide title track e “Society”. Invece “Dear Faith” e “Sceptre” sono quelle che esprimono maggiormente le influenze cyber di cui sopra. Con la bella “Love”, quasi solo strumentale, la band crea l’apice del platter. Le altre song rimangono comunque nel solco, senza particolari cadute di stile. Una maggiore varietà nella scrittura delle canzoni sarebbe stata davvero la ciliegina sulla torta. Però è un disco che non stanca, e che riesce mantenerti incollato all’ascolto. Secondo me è davvero da salutare con entusiasmo. Bravi. (Alberto Merlotti)