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giovedì 5 settembre 2013

Wildernessking - The Writing of Gods in the Sand

#PER CHI AMA: Post-Black, Wolves of the Throne Room
Il post-black è definitivamente il fenomeno dell'anno. Se anche dal Sud Africa mi arriva del materiale (peraltro interessante) dedito a queste sonorità, devo per forza decretare la globalizzazione di un genere che è sorto da quei suoni provenienti dal West US, in quella zona detta Cascadia, grazie ai Wolves of the Throne Room. Il resto è storia recente, con eccellenti realtà spuntate come funghi in tutto il mondo (una su tutte, i Deafheaven). E ora eccomi recensire il debut cd dei Wildernessking, band di Città del Capo che, grazie all'Antithetic Records, ha avuto modo di pubblicare questa loro release. Giunto tra le mie mani, il digipack autografato dei nostri, si presenta assai minimalista in termine di colori (bianco e nero), mentre in fatto di suoni, vengo immediatamente investito dal sound acido e corposo di "Rubicon (The Fletting Vessel)", song che mette in mostra subito una buona produzione con i suoni degli strumenti ben bilanciata, in cui emergono delle chitarre piuttosto lineari su cui si stagliano corrosive vocals ad opera del bassista Keenan Oakes. La proposta è appunto un black venato di influenze post-metal e suoni progressivi, con citazioni che spaziano dal desolante sound dei Cult of Luna, al black "made in USA" dei già citati WotTR, per un risultato che ha comunque del sorprendente. "Discovery (Chasing the Gods)" è un bel pezzo che vive dell'alternanza tra suoni mid-tempo e sfuriate black, che mette in mostra nel suo interno un intermezzo acustico che può rievocare gli ultimi Enslaved, mentre la successiva “River (Nectar of Earth)” ha un che di apocalittico nel suo primordiale incedere. “Utopia (Throne of Earth) apre con un bel basso in primo piano, la song non è troppo corrosiva e un po' si discosta da quelle ascoltate fino ad ora, se non per l'abrasivo cantato di Keenan e poi c'è quell'apertura ambient nel suo ventre che ci dona un senso di pace, prima dell'assolo finale. “Surrender (The Ages)” è un altro pezzo più meditativo e intimista, che lascia si spazio alla violenza, ma è anche pervaso da un forte senso di malinconia. Siamo agli sgoccioli e ci rimangono a chiudere la potente traccia strumentale “Reveal (Nightfall)” e la lunga “Infinity (And the Dream Continues...)”, song notturna nella sua prima metà e più irsuta nella seconda parte. Che dire, se non auspicare che i Wildernessking ce la possano fare a mettersi in mostra in questo mondo cosi globalizzato, in cui però le barriere molto spesso sono assai difficili da valicare. In bocca al lupo ragazzi! (Francesco Scarci)