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domenica 3 ottobre 2010

Moloken - Our Astral Circle


Lo ammetto: ho appena iniziato ad ascoltare l’album di questi svedesi Moloken, che seguono l'EP di debutto “We All Face the Dark Alone”, e la mia faccia si è dipinta di un’espressione indecifrabile, misto tra curiosità, senso di cattiveria e anche stupore: questo perché l’album presenta un’alternanza di suoni, che passano dalla furia accompagnata da un growling cavernicolo alla pacatezza e alla lentezza delle note, rendendo il tutto a tratti pesante e a tratti rilassante. L’opera d’arte (perché anche la capacità di mescolare tonalità contrapposte è un’arte) si apre con le atmosfere lugubri di “Molten Pantheon”, ben sottolineate da una voce cattiva e cavernicola, alternata da chitarre e batteria ben equilibrate tra loro: il sound risulta degno del death che più death non si può, rendendo l’animo ben oscuro e pesante. Se si provasse a chiudere gli occhi mentre scorre il cd, si verrebbe attanagliati dai incubi paurosi che scaturiscono dalla menti di questi oscuri individui Svedesi, immagini che riportano alla mente le distese infinite di boschi durante il lungo inverno, che sembra non avere mai fine. Qualche barlume di speranza lo si ha con “Untitled I”, grazie ad un riffing di chitarra molto malinconico e pacato, ma che viene sconvolto quasi subito dal growling del singer. Tutto il brano, comunque, alterna la furia del trio chitarra-batteria-basso con le note della sola chitarra, come a voler risanare le orecchie prese d’assalto. “Die Fear Will” sembra voglia strapparci di dosso l’anima, grazie ad una voce disumana e agli strumenti che la seguono fedelmente, come in un turbine senza fine. È poi la volta di “Followers”, che riprende le atmosfere ferine e il sound della precedente, anche se si rivelerà un po’ più melodica. “Untitled II”, strumentale all'inizio, genera sensazioni più malinconiche e tristi ma man mano che la traccia avanza, e il ritmo si fa più serrato è un senso di oppressione a schiacciarci il petto. Arrivati a metà album, il sound rimane sempre lo stesso, anche se inizia a far tiepidamente capolino una certa vena progressive rock anni '70: ne è l'esempio “Ebeorietement”, con molti inserti di chitarra, ad opera di Patrik Ylmefors, che rallentano la traccia, giusto per lasciare un po’ di respiro alla mente (e alle orecchie). Questa pace, però si conclude ben presto con “My Enemy”: una vera e propria dichiarazione di guerra con la batteria di Jakob Burstedt e la chitarra a picchiare veramente duro, ma condito da un mood a volte rallentato e subdolamente perfido. Sembra che la band scandinava pecchi un po’ di fantasia visto che arriva anche “Untitled III” più tranquilla rispetto alle precedenti songs con quella sua verve più progressive, per la mia gioia (finalmente posso chiudere gli occhi e immaginare le distese di boschi… ma stavolta di giorno!), anche se per pochi minuti… infatti a metà brano la cattiveria non può mancare, facendo ripiombare la mente nell’oscurità più profonda di un bosco a mezzanotte (e senza luna piena). Si arriva così all'ultimo brano, “11”12”: l'inizio di chitarra non fa presagire nulla di buono, come lo dimostra perfettamente la voce lacerante poi... le vertigini che questo brano crea sono a dir poco inquietanti, quasi non si riesce a scrollarsi di dosso l'angoscia che i riffs di chitarra ripetono continuamente, asfissianti nel loro incedere e a rendere questo brano quasi eterno! Ti martella così tanto che ti viene l'istinto di togliere il cd dal lettore... ma vi consiglio di resistere, perché dovete assolutamente ascoltarla fino in fondo. Traendo le conclusioni, non nascondo che ho faticato non poco ad arrivare alla fine del disco per il forte peso che mi ha messo sul costato! C’è sicuramente da ammirare la capacità dell’act scandinavo, di associare il death metal al progressive rock, rendendo questo album veramente degno di nota e di ascolto. Può piacere e non piacere, ma merita davvero un ascolto attento, anche da chi, come me, preferisce altri tipi di metal ma che comunque vuole comunque spaziare sin nell’oscurità più profonda di questa musica, incontrando l’anima più caotico malvagia del metal. (Samantha Pigozzo)

(Discouraged Records)
voto: 70